Un esempio di quanto detto da
@Etabeta , nelle misure di Audio Review. Una nota rivista hi-fi italiana:
Questo grafico mostra la potenza disponibile per l’apparecchio sotto misura, su vari carichi.
Come saprai, la potenza è il prodotto della tensione per la corrente.
In orizzontale trovi la tensione in uscita ed in verticale la corrente erogata. In diagonale, vedi rappresentato il prodotto. Ovvero: la potenza in uscita.
I valori sono RMS. Ed il grafico contiene due curve, che rappresentano la potenza che la macchina è REALMENTE in grado di erogare in funzione della tensione che i finali passano al carico.
La situazione ideale sarebbe che le curve fossero delle rette verticali coincidenti. Ovvero, che L’alimentatore fosse in grado di erogare TUTTA LA CORRENTE NECESSARIA ad alimentare il carico, in funzione dell’impedenza che quest’ultimo assume.
Come vedi, mano a mano che si riduce l’impedenza, la tensione cala. Le curve infatti piegano verso sinistra.
Quindi, non illuderti che se vedi tensione indistorta, senza carico, quella sia la effettiva potenza in uscita ipotizzando i 4 ohm sui quali fai il calcolo. Non è detto (non succede MAI) che L’alimentatore “tenga botta”. Inoltre, all’aumentare della corrente aumenta la resistenza delle giunzioni dei finali. Quindi la realtà è che cala la tensione mano a mano che si abbassa l’impedenza del carico.
Le due curve sono prese in regime continuo (curva rossa) ed impulsivo (curva nera), per impulsi di 40 ms, che rappresentano un tempo congruente con quello che tipicamente un colpo di “cassa” richiede.
Quindi in questo grafico hai la potenza continua e la potenza massima (sempre entrambe su valori di tensione e corrente “RMS”) che è in grado di erogare, PRIMA DEL CLIPPING, il dispositivo, testato sui vari carichi.
Poi, c’è da dire anche che il test è fatto su carico RESISTIVO. Quindi “semplice”. Mentre un sistema di altoparlanti è un carico reattivo.
Qui c’è un altro grafico interessante:
È un’altra misura interessante di AR.
In realtà, di questi grafici anticamente ne venivano pubblicati 6. Per impedenze resistive/induttive/capacitive su 4 e su 8 ohm, trattandosi di macchine domestiche. Poi si è visto che sistematicamente la situazione peggiore era sempre rappresentata dal carico con parte immaginaria capacitiva (sfasamento corrente in ritardo rispetto alla tensione), quindi vengono rilevati sempre tutti (perchè alcuni amplificatori hanno comportamento particolari, quindi eventualmente si puó pubblicare altro) ma pubblicato quello più “difficile”, su impedenza standard, per indagare, rispetto al dato dichiarato, quanto è in grado di erogare l’amplificatore su un carico reale.
In sostanza, viene usato un segnale multi tono (i 4 picchi che vedi) per indagare la distorsione da intermodulazione, pilotando l’amplificatore in regime impulsivo. Quindi, si rileva la distorsione da intermodulazione DINAMICA. Che dipende dalla velocità del circuito e quindi della controreazione, di “seguire” il segnale principale. E si pilota l’amplificatore per potenze crescenti. Che sono le varie righe successive rappresentate in “3d”.
La parte nera rappresenta la zona della potenza dichiarata. La parte rossa mostra l’eccedenza rispetto alla potenza dichiarata.
Come vedi, l’ampli è dichiarato correttamente. Perchè in effetti il grafico è pulito per tutta la parte nera. E comincia ad intermodulare sempre di più salendo con il pilotaggio.
Se l’ampli fosse sotto dichiarato, ci sarebbe una parte rossa ancora pulita per un pezzo.
La misura viene interrotta per un certo tasso di distorsione ritenuto “accettabile”. E rappresenta appunto la caratteristica di distorsione da intermodulazione dinamica. O “TIM” acronimo Inglese.
Questa misura è estremamente significativa del comportamento all’ascolto. Perchè la musica È UN SEGNALE IMPULSIVO. Ed è nata sulla base delle scoperte di un certo Matti Otala, progettista storico, che aveva evidenziato come alti tassi di controreazione portassero gli ampli ad avere belle misure in regime continuo ma forti distorsioni in regime di amico, date le scarse caratteristiche di velocità dei transistors bipolari di allora. Che erano teoricamente sufficienti per la musica, ma in presenza di carichi “sfasanti” non erano sufficienti a garantire la stabilità, con alti tassi di controreazione, tipici della “scuola giapponese” “consumer”, tutta “misure e distintivo”.
Come dice spesso Etabeta, qui bisognerebbe partire dalle basi e spiegare cos’è e come si applica e quali sono le implicazioni della controreazione.. E si finirebbe per scrivere un articolo tecnico.
Il mio era solo un esempio per spiegare che quello che leggi sul tester o sull’oscilloscopio, NON RAPPRESENTA LA REALTÀ, se applichi un CARICO REALE. Ma neanche se glie ne applichi uno resistivo..

Quindi è bene attenersi, per la regolazione, sulla tensione calcolata sul dato DICHIARATO.
Ed è bene non farsi illusioni se vedi che il clipping viene raggiunto a tensioni più alte.
Ciao!
