Quindi, maggiore è la capacità dell’amplificatore di controllare il movimento della membrana dell’altoparlante. Sia in eccitazione, assecondandone le richieste, sia, vice versa, trattenendone la rimbalzi che seguono l’eccitazione. Essendo infatti l’altoparlante un sistema motore magnetico/molla/smorzatore, una volta eccitato, per via della massa dell’equipaggio mobile tende a rimbalzare, e a produrre forza elettro motrice di per sè. Ed una resistenza di uscita elevata non ne contrasta i movimenti incontrollati che aggiungono roba che non c’è al segnale musicale.
Il fattore di smorzamento si ottiene con un buon progetto, ma anche con una elevata contro reazione. Quindi di per sè, non è “indice assoluto di bontà”. Perchè un amplificatore molto controreazionato ma con una larghezza di banda non elevata, non è stabile sui carichi reattivi. E soffre più facilmente distorsione di intermodulazione dinamica.
Negli amplificatori in classe AB, fatta salva la catena alimentatore/finali di potenza, in uscita si va direttamente sul carico. Ed in parallelo c’è normalmente una rete L/C (rete di Zobel) che serve a ridurre il rischio di auto oscillazioni in caso di carico molto reattivo capacitivo, che potrebbe far ruotare da negativa a positiva la contro reazione.
Negli amplificatori in classe D invece, per lo meno nei progetti tradizionali (praticamente tutti tranne uno, per via dei brevetti), c’è il filtro passa basso che permette la ricostruzione del segnale musicale a partire da quello PWM. Ed il filtro passa basso introduce resistenza anche nella zona al di sotto della frequenza di taglio. Per cui c’è un elemento critico in più.
Come detto nel post precedente, se la portante del segnale PWM è di frequenza elevata (amplificatori ben progettati di recente generazione), la larghezza di banda è elevata perchè la frequenza di taglio è alta. Quindi si riesce anche a contenere la resistenza indesiderata all’interno della banda passante anche banalmente per via del fatto che servono induttanze di valore più basso, per cui avvolte con meno spire.
Un fattore di smorzamento superiore ad 80/100 in generale è già sufficiente a mantenere un elevato controllo degli altoparlanti. I “1000” che si vedono dichiarati per alcuni prodotti, sono del tutto inutili. E possono denotare solo elevati tassi di contro reazione. Che non è una cosa “buona”. Ma spesso un “rimedio” per ridurre le non linearità intrinseche di un progetto non ottimizzato.
Considera che molti blasonatissimi valvolari hanno fattori di smorzamento anche di 10/20. Quelli tradizionali (non OTL) migliori, se va bene arrivano a 50, considerata una certa controreazione. E non è che sono così “mollaccioni” da essere inascoltabili..
Da un punto di vista teorico, i classe AB hanno un vantaggio sui classe D, in ogni caso. Ma se parliamo di amplificatori “buoni”, non è un fattore particolarmente dirimente.
Considera che in classe D, in questo momento storico è meno costoso da produrre per via dei dimensionamenti dell’alimentazione e dei dissipatori, nonchè per numero dei dispositivi di Potenza necessari a parità di prestazioni in potenza. Quindi sono possibili due strade, al progettista: risparmiare e presentare un ampli più piccolo, meno “consumoso” e meno costoso rispetto ad una classe AB di “pari caratteristiche”, oppure sfruttare parte del risparmio per utilizzare componenti meno economici nei punti dove serve. Considerato che il progetto del layout richiede sempre tempi e capacità progettuale, questo fatto permette di avere tanti classe D di “classe media”, che come suono e prestazioni strumentali sono migliori dei propri concorrenti in classe AB. Spesso più “tirati” per rimanere in una fascia economica molto combattuta.
Insomma: il mio pensiero è “classe AB ancora superiore, se hai voglia di spendere dei soldi”. Nella classe media, va visto sempre il compromesso migliore. E nel compromesso migliore c’è anche la tipologia di amplificatore.
Ciao!
